Insidia stradale

DANNI DA INSIDIA STRADALE

 

  • La responsabilità dell’ente proprietario della strada per danni derivanti da insidie o trabocchetti, si configura quando detta strada presenti per l’utente un pericolo occulto e/o un’insidia e/o un trabocchetto e/o un tranello, che abbia il doppio e concorrente requisito del carattere obiettivo della non visibilità, e di quello suriettivo dell’imprevedibilità del pericolo.

 

 

  • La sentenza n. 288/2003 resa dalla Corte Suprema di Cassazione, sezione terza, ha stabilito che per le autostrade, che per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l’apprezzamento relativo alla effettiva possibilità del controllo alla stregua degli indicati parametri non può che indurre a conclusioni in via generale affermative, e dunque a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c.

 

 

  • La giurisprudenza di legittimità ha consolidato definitivamente il proprio orientamento nel senso della piena configurabilità dell’art. 2051 c.c. in capo alla pubblica amministrazione per omessa custodia dei beni nel momento in cui ha affermato che “l’estensione del bene demaniale e l’utilizzazione generale e diretta dello stesso da parte di terzi sono solo figure sintomatiche dell’impossibilità della custodia da parte della pubblica amministrazione, mentre elemento sintomatico della possibilità di custodia del bene del demanio stradale comunale è che la strada, dal cui difetto di manutenzione è stato causato un danno, si trovi nel perimetro urbano delimitato dello stesso Comune, pur dovendo dette circostanze, proprio perché solo sintomatiche, essere sottoposte al vaglio in concreto del giudice di merito” (Cass. civ., Sez. III, n. 15383/2006).

 

  • La Corte Suprema di Cassazione ha ribadito che è errato restringere la responsabilità dell’ente proprietario della strada, per cattiva o omessa manutenzione della stessa, alla sola ipotesi della cosiddetta insidia (o trabocchetto) stradale, senza esaminare più in generale se sussistesse un comportamento colposo (anche omissivo) dello stesso ente nella manutenzione della salita, etiologicamente produttivo del danno ingiusto subito dall’utente (Cass. civ., Sez. III, n. 5308/2007).

 

 

  • Il principio guida enucleato dalla giurisprudenza di legittimità è quello secondo il quale poiché la pubblica amministrazione è custode dei beni demaniali, la stessa risponde a titolo di responsabilità oggettiva dei danni provocati da detti beni ai sensi dell’art. 2051 c.c..

 

  • E’ orientamento giurisprudenziale ormai concorde e pressoché unanime quello secondo il quale la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, affinché la stessa possa configurarsi in concreto, è sufficiente la sussistenza del nesso di causalità, tra la cosa in custodia ed il danno cagionato.

 

  • Il custode è colui il quale di fatto controlla le modalità d’uso e di conservazione del bene e, di conseguenza, la responsabilità dell’ente pubblico è esclusa solamente dalla dimostrata presenza del caso fortuito e della inevitabilità e non rileva invece che il danno risulti essere stato causato, da anomalie o vizi insorti nella cosa prima dell’inizio del rapporto di custodia.

 

  • Riguardo al soggetto obbligato alla custodia della res, bisogna sottolineare che per costante giurisprudenza e dottrina, la custodia si identifica in una potestà di fatto tale da descrivere un’attività esercitabile da un soggetto sulla cosa a causa della detenzione qualificata. In altre parole, il responsabile del danno proveniente dalla cosa è il custode della cosa. La responsabilità si basa, pertanto, solo ed esclusivamente sulla relazione di fatto tra il soggetto e la cosa.

 

  • Dalla proprietà pubblica del Comune sulle strade (art. 16 legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F) discende non solo l’obbligo dell’Ente alla manutenzione, come stabilito dall’art. 5 r.d. 15 novembre 1923, n. 2506, ma anche quello della custodia con conseguente operatività, nei confronti dell’Ente stesso, della presunzione di responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c., qualora abbia omesso di vigilare per impedire che ne derivino danni ai terzi.

 

 

  • Se il danno è stato provocato da una buca presente sul manto stradale, si evince inequivocabilmente la responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c. poiché, quest’ultimo in qualità di custode, era obbligato a controllare lo stato della cosa nonché a mantenere la stessa in condizioni ottimali di efficienza.  

 

  • Dall’applicazione dell’art. 2051 c.c. deriva che la responsabilità per mancata custodia è esclusa solo ed esclusivamente dal caso fortuito; caso fortuito che attiene non ad un comportamento del responsabile, bensì al profilo causale dell’evento, riconducibile non alla cosa ma ad un elemento esterno.

 

 

  • La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che la discrezionalità dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un’opera pubblica trova un sicuro limite nell’obbligo  di osservare, a tutela della incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamenti disciplinanti detta attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, così che, all’inosservanza di dette disposizioni, e di dette norme consegue la ineludibile responsabilità dell’amministrazione stessa per i danni arrecati a terzi.

 

  • La giurisprudenza di legittimità ha rilevato che nel caso in cui la tutela risarcitoria del soggetto danneggiato venga configurata nella disciplina di cui all’art. 2043 c.c., la responsabilità della pubblica amministrazione non può essere limitata ai soli casi di insidia o trabocchetto.

 

  • La pubblica amministrazione, una volta che il cittadino ha provato l’anomalia del bene, dovrà provare che l’utente si sia trovato a percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia.

 

  • La diligenza del comportamento dell’utente del bene demaniale, va valutata anche in relazione all’affidamento che era ragionevole porre nell’utilizzo ordinario di quello specifico bene demaniale.

 

  • La diligenza richiesta al danneggiato nell’uso del bene pubblico, sarà diversa a seconda che si tratti di una strada campestre o di una strada di città, poiché il danneggiato fa affidamento su una diversa attività di controllo e di custodia in relazione ai due tipi di strada.

 

  • L’ente pubblico ha innanzitutto il dovere, derivante dal principio del neminem ledere, di provvedere alla eliminazione o, quanto meno, alla segnalazione di un dissesto. A tale dovere il Comune non adempie se sulla strada vi è una buca priva di una benché minima segnalazione.

 

  • La discrezionalità dei criteri e dei mezzi con cui la pubblica amministrazione realizzi e mantenga un’opera pubblica trova un sicuro limite nell’obbligo di osservare, a tutela dell’incolumità dei cittadini e dell’integrità del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e di regolamenti disciplinanti detta attività, nonché le comuni norme di diligenza e prudenza, così che, all’inosservanza di dette disposizioni e di dette norme consegue la ineludibile responsabilità dell’amministrazione stessa per i danni arrecati a terzi.

 

  • Il Comune deve dare la prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la previsione dell’insidia, ovvero l’impossibilità di rimuovere, con l’adozione di tutte le misure, la situazione di pericolo.

 

  • La Corte Suprema di Cassazione ha avuto modo di ribadire e specificare che In tema di responsabilità per danni da beni di proprietà della P.A., qualora non sia applicabile o non sia invocata la tutela offerta dall’art. 2051 c.c., l’ente pubblico risponde dei pregiudizi subiti dall’utente secondo la regola generale dell’art. 2043 c.c., norma che non limita affatto la responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di esistenza di un’insidia o di un trabocchetto.

 Richiedi un parere !!!